Paolo Bellini nasce a Mendrisio nel 1941. Fin da giovane si avvicina alla scultura attraverso il mestiere: lavora in fonderia, dove apprende le tecniche del bronzo e incontra artisti come Jean Arp, Remo Rossi e Lynn Chadwick. Alla fine degli anni ’50 inizia a modellare e nel 1961 si iscrive all’Accademia di Brera, dove studia con Marino Marini. Dopo il diploma, lavora come assistente di Olivier Strebelle in Belgio, per poi avviare la propria attività, intrecciando viaggi e ricerca artistica.
Negli anni ’80 la sua presenza espositiva si intensifica: nel 1990 espone al Centro culturale svizzero di Parigi, segue l’installazione monumentale nella chiesa di Santa Croce a Riva San Vitale e mostre importanti a Locarno, Verona, Lugano, Bellinzona, Ligornetto, Berna e Chiasso. Dal 1990 al 1996 è membro della Commissione federale di belle arti a Berna.
Le prime opere si radicano nella scultura novecentesca e nel postcubismo: figure e paesaggi in bronzo dai volumi forti e scolpiti. Ma già dal 1967 Bellini si spinge verso una scultura astratta, dove forme organiche si dissolvono in un gioco di pieni e vuoti, masse e linee, superfici lucide e opache.
A metà anni ’80 abbandona il bronzo e inizia a utilizzare metalli di recupero: prima lamine di alluminio, poi ferro saldato. Le sue sculture si fanno più libere, leggere, fluide, attenuando la rigidità del materiale. Dal 2009 lavora con sottili lamiere di ferro zincato, che ritaglia e piega come fossero carta. Le opere diventano paesaggi, architetture, presenze sospese nello spazio, attraversate dalla luce e dal vuoto.
Negli ultimi anni, Bellini torna alla compattezza e al colore, creando sculture più dense, in cui la forma si richiude, riacquista peso e identità. Il suo percorso è un continuo dialogo tra materia e pensiero, tra costruzione e libertà.