Franco Francese si forma dapprima ai corsi dell'Umanitaria (dove incontra Alfredo Chighine), dal '36 al Liceo Artistico di Brera sotto la guida di Angelo Del Bon e dopo l'interruzione della guerra all'Accademia di Brera, studiando scultura con Manzù.
Fin dagli anni '30 inizia a disegnare e tale attività sottenderà costantemente e intensamente la pittura. Dal '45 al '47 collabora alle riviste "Numero" e "Pittura". Dal recupero di un'immagine dura, primitiva, espressionistica, passava ad un genere di "Nuova Figurazione" i cui riferimenti erano allo stesso tempo, il neonaturalismo astratto, l' "Art Brut" di Dubuffet e la disfatta, quasi informe di Bacon, in via di totale disfacimento. La sua opera originalissima, catalogata in modo sbrigativo prima sotto la voce del realismo e poi di una generica figurazione, emerge ora in tutta la sua importanza e complessità. Dagli anni '50 contribuisce al dibattito culturale ed artistico pur vivendo in uno stato di isolamento e di eccentricità, in un atteggiamento biografico di insofferenza.
Partecipa alle principali esposizioni pubbliche, dalle Biennali di Venezia (nel 1960 allestisce una sala personale presentato da Francesco Arcangeli) alle Quadriennali di Roma.
La sua attività artistica è stata accompagnata da una vasta attenzione critica, e dalla stima di poeti e letterati come Dante Isella, Giovanni Testori, Vittorio Sereni e Giovanni Raboni.