Nono figlio del falegname Francesco Luca Corti e di Julia Magnin, orologiaia di Cernier, Giovan Battista “Jean” Corti è stato un pittore espressionista autore di paesaggi, figure e opere di soggetto religioso.
Dal 1921 al 1924 segue un apprendistato di imbianchino, gessatore e stuccatore a Cernier.
Rimasto orfano nel 1930, parte per Bruxelles dove si iscrive al terzo anno dell’Académie Saint-Luc grazie al sostegno finanziario del veterinario Pierre Urfer di Fontainemelon. Venuto a mancare l’appoggio del suo mecenate, dopo due anni Corty è costretto a rientrare in Svizzera e da quel momento sarà assillato da difficoltà economiche e dal desiderio di ritornare in Belgio.
Questi due anni trascorsi in Belgio sono decisivi e fondamentali per la formazione artistica di Corty, poiché l’artista ebbe qui l'occasione di vedere opere di numerosi esponenti dell’espressionismo fiammingo, primo fra tutti Constant Permeke di cui è manifesta l’influenza sia sul piano stilistico che tematico. Entro la fine degli anni ’30 Corty elabora il suo stile personale, di matrice espressionista, che successivamente declinerà in numerose opere senza mutarne la sostanza. Il suo percorso artistico non può essere letto come un susseguirsi di evoluzioni stilistiche, formali o tematiche, ma piuttosto come la varia declinazione di un vocabolario precedentemente impostato e consolidato.
In pittura, Corty predilige piccoli e medi formati. Paesaggi, marine e scene tratte dal mondo del lavoro, ma pure temi religiosi sono i soggetti ricorrenti nella sua vasta produzione, in parte dispersa e di cui sono note soprattutto le opere eseguite durante la sua permanenza nel Ticino. Nei lavori degli anni ’40 si assiste a una ripetizione ossessiva di alcuni soggetti, in particolare la fatica del lavoro e il ritorno a casa, ma all’interno di una produzione discontinua emergono opere di grande qualità come i dipinti Ritorno dei minatori e Ferrovieri, entrambi del 1944. La sua opera è percorsa dal malessere del vivere reso attraverso l’alterazione delle forme e l’uso di colori estranianti.
Nel disegno Corty trova un mezzo espressivo particolarmente congeniale. Esprime il suo talento con vigorosi e tortuosi tratti a carboncino in fogli da taccuino, ma pure in grandi formati allargando il repertorio tematico a ritratti e scene di ballo.
Le gravi condizioni psichiche di Corty comportano nel 1933 il ricovero negli ospedali psichiatrici di Ginevra e Mendrisio.
Rientrato a Cernier nel 1934, l’anno successivo partecipa a un’esposizione collettiva a Bruxelles con alcuni suoi colleghi d’Accademia.
Trascorre il biennio seguente a Neuchâtel, ma nel 1937 viene nuovamente ricoverato a Mendrisio dove rimane fino al 1941. In quell’anno partecipa alla Mostra degli otto nella sala del Consiglio comunale di Mendrisio e all’Esposizione annuale di belle arti alla Fiera di Lugano, presso la quale esporrà regolarmente.
Stabilitosi a Lugano nel 1942, si lega sentimentalmente alla pittrice Charlotte Brönimann.
Al 1944 risale la sua unica personale di successo, alla Galerie Europa di Bienne.
Nel Ticino provinciale del primo Novecento, Corty porta un’apertura internazionale. Durante la sua breve ed emarginata esistenza trova rari estimatori. Soltanto dopo la sua morte si assiste a una certa attenzione critica, ma è solo dalla metà degli anni ’70 che l’interesse della critica e del pubblico si intensifica.
Jean Corty muore a Mendrisio nel 1946, a soli 39 anni. Nell'anno della sua morte, alla Ghilda del Libro di Lugano si tiene una mostra postuma.
Tra le numerose retrospettive si segnala quella allestita al Museo d’arte di Mendrisio nel 1998.
Fonte: Simona Martinoli: «Jean Corty», in SIKART Dizionario sull'arte in Svizzera, 2005.