Edmondo Dobrzanski nasce a Zugo nel 1914 da una famiglia il cui ramo paterno è russo-polacco, quello materno greco-triestino-spagnolo. Durante gli anni venti vive a Lugano, dove frequenta le scuole, per poi tornare, nei primi anni trenta, nella Svizzera tedesca: a Dissenhofen e Stein am Rhein, dove apprende la fotografia nello studio del padre.
Tra il 1936 e il 1942 frequenta l'Accademia di Brera a Milano, dove è allievo di Aldo Carpi, con i compagni Cassinari, Magnani, Morlotti.
Tra il 1942 e il 1950 Dobrzanski vive una permanenza decisiva a Zurigo, dov'è impegnato quale illustratore per "Volksrecht"; vi incontra Varlin e Ernst Scheidegger che nelle Carte autobiografiche (1996) per l'artista racconta gli anni difficili di resistenza culturale a Zurigo.
Dal 1950 è nel Ticino: prima a Bellinzona, poi a Bissone e nel quartiere di Cassarate, infine a Gentilino. Fra le prime mostre si segnalano quelle presentate da Virgilio Gilardoni (Locarno, Casa del Negromante, 1958, e Bellinzona, Sala patriziale, 1959); nel 1966 al Kunstmuseum di Winterthur condivide una personale con lo scultore Otto Müller; nel 1968 espone alla galleria del Milione a Milano – presentato da Mario De Micheli – e al Salone Farnese in Pilotta a Parma, sotto la guida critica di Piero Del Giudice – autore di Europa wo das Licht (1988) e curatore di importanti sue recenti mostre individuali.
L’intricata ascendenza biografica fornisce alcune spiegazioni sulla complessità dell’opera dipinta di Dobrzanski; cresciuta nel segno della diversità del contesto culturale, per cui il pittore combina l’argomento espressionista al linguaggio informale.
La sua immagine d’impianto sironiano, più che dal naturalismo informale di Morlotti è interessata dall’intensità delle figure di Varlin.
Dobrzanski è pittore della condizione umana, spesso tradotta nella sua marginalità difficile: il cieco, il clown, la prostituta, la pazza e la negra abitano la sua immagine forte e scabra.
Sul finire degli anni ’60, l’artista sposta la materia della sua pittura dal corpo dalle grandi figure terrose e dal paesaggio atlantico con rovine alla pittura della macchina: Veicolo lunare, Blindo, Laser sono dipinti che traducono con inquietudine polemica l’oscura forma del presagio legato alla conquista dello spazio.
Come Friedrich Dürrenmatt anche Dobrzanski nel quadro I fisici si interroga sulla funzione del pensiero scientifico, minacciata dal cattivo uso delle scoperte. Argomenti come Praga e il Vietnam, figure come Nelson Mandela e Martin Luther King offrono lo spunto per alcune fra le sue più intense pagine, nere in tensione drammatica, mai d’illustrazione politica.
Alle numerose opere su carta, l’artista alterna grandi tele di spessore materico. Le sue tele sono attraversate dai temi e dagli incubi della guerra, della apocalisse atomica, della mutazione planetaria.
Fonte: Matteo Bianchi: «Edmondo Dobrzanski», in SIKART Dizionario sull'arte in Svizzera, 2004.