Cesare Lucchini è nato a Bellinzona (Svizzera) nel 1941. Nel 1965 si è diplomato presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera a Milano, città in cui ha lavorato fino al 1988.
Dopo aver lavorato a Düsseldorf e Cologna, oggi dipinge nel suo studio di Lugano.
Tra le numerose mostre personali si segnalano quelle alla Pinacoteca Casa Rusca di Locarno, al Musée d’art et d’histoire di Neuchâtel (1992),al Palazzo dei Diamanti di Ferrara (1993),al Museo di San Pietroburgo e al Manège di Mosca (1998),alle Kunstsammlungen Chemnitz, al Museo cantonale d’arte di Lugano (2008) e al Kunstmuseum di Berna (2016).
Fin dai primi anni ’60 è evidente nei dipinti di Cesare Lucchini la ricerca di un’immagine più leggibile e un intento di distanziarsi da una pittura informale troppo emotiva. Tale processo si farà più accentuato a partire dal 1964 con richiami pop che daranno sempre più spazio all’invadenza massificante dei «beni di consumo», sottoposti a ingrandimento e resi con campiture piatte e acidule, i quali col tempo acquisteranno un colore più mosso e una dimensione più privata ed esistenziale. Nasce così la serie degli Interni (1975-1980) incentrata sullo spazio vitale dell’artista, lo studio, il tavolo, il cavalletto con gli strumenti da lavoro: oggetti del quotidiano con il loro vibrato di luci e di ombre, di risonanze interiori, espressi con una pittura fattasi più tonale e atmosferica dentro cui ritorna l’eco della lezione che da De Staël e Giacometti arriva a Bacon e Sutherland.
Seguirà poi la serie degli Atelier (1980-1985), caratterizzata dal vistoso ampliamento dei formati, di norma orizzontali, e dal conseguente rinnovamento sia dello schema compositivo che del colore non più inteso come amalgama di materia-luce, ma dato con pennellate energiche e costruttive così da creare un alternarsi di tacche o superfici in successione dentro una spazialità che va facendosi progressivamente più libera, fluttuante ed emotiva anche nel colore che qua e là si fa timbrico.
Con il trasferimento dello studio in Germania la pittura di Lucchini registra una forte condensazione dell’immagine attorno a un unico elemento. La serie sul tema Quasi una testa (1991-2003) – che è testa e teschio allo stesso tempo – diventa il mezzo attraverso il quale l’artista dà empito al portato emozionale del gesto, del ritmo e del colore tramite pennellate che a volte si aggrovigliano e incupiscono fino quasi a sprofondare nel buio, altre volte si accendono invece dei colori caldi e tersi del mattino. Un processo che si accentua con il recupero di suggestioni neo-informali e che in quella forma simbolicamente condensa traccia o memoria di uno spazio e di una presenza umana.
Come nota Claudio Guarda nella sua analisi sul lavoro di Lucchini, è proprio la figura umana nel suo spazio di vita ad essere il tema dominante del più recente grande ciclo dell’artista: Quel che rimane (dal 2004), che include altre sequenze, tra cui Qualcosa si muove, Il bambino soldato, Lampedusa, La caduta, Ascensione, Ultima Cena, Venti di guerra.
Fonte: Claudio Guarda: «Cesare Lucchini», in SIKART Dizionario sull'arte in Svizzera, 2022.