Dopo aver iniziato giovanissimo a lavorare come operaio e contabile, nel 1936, ormai ventiseienne, abbandonò tutto per dedicarsi alla pittura: ottenne dapprima la maturità all’Istituto d’arte di Brera a Milano e si iscrisse poi all’Accademia di belle arti di Firenze, dove soggiornò per circa due anni.
I primi dipinti che si siano conservati sono alcuni paesaggi di Lecco, vedute del lago, dei monti o del paese di Malgrate. Nell’estate del 1937 esordì alla Mostra del paesaggio lecchese e il denaro ricavato dalla vendita dei dipinti esposti gli servì per raggiungere Parigi, dove rimase folgorato da Cézanne, artista che avrebbe giocato un ruolo decisivo nel suo futuro percorso.
Al rientro da Parigi tornò a vivere per un breve periodo a Lecco, ma nel 1939 si trasferì definitivamente a Milano, dove – usufruendo di una borsa di studio garantitagli da Aldo Carpi – poté iscriversi alla Accademia di belle arti di Brera. Le nature morte dipinte in questo periodo denunciano un forte interesse per la pittura di Giorgio Morandi.
Parallelamente, Morlotti si avvicinò al gruppo di artisti e critici che era nato attorno alla rivista Corrente, stringendo amicizia, segnatamente, con Renato Guttuso ed Ernesto Treccani.
Nell’ambito di Corrente si precisò il suo interesse per la tradizione moderna dell’arte e in particolare per Picasso, che con Guernica aveva lanciato un grido di protesta contro la politica di guerra dei regimi totalitari.
Nel luglio 1943 con i giovanissimi Ernesto Treccani ed Emilio Vedova tenne una mostra alla galleria della Spiga. Durante l’inaugurazione l’OVRA – la polizia politica fascista – fece irruzione nella galleria mettendo fine bruscamente all’attività espositiva del gruppo di Corrente (la rivista, pubblicata a partire dal 1938, era già stata chiusa per intervento diretto di Mussolini nel giugno 1940).
Dopo la fine della guerra partecipò attivamente alla vita artistica milanese, firmando con Giovanni Testori, Vedova e altri il Manifesto del Realismo di pittori e scultori – Oltre Guernica, in cui si professava l’assunzione del capolavoro picassiano quale punto di partenza per la nuova pittura. Nell’ottobre 1946 tenne la sua prima mostra personale alla galleria del Camino di Milano.
Nel 1946 con Renato Birolli, Guttuso e altri, fu tra i promotori della Nuova Secessione artistica italiana, divenuta poi Fronte nuovo delle arti, che mirava a coordinare le principali forze del rinnovamento artistico italiano del secondo dopoguerra.
Nel 1948 partecipò nelle file del Fronte nuovo alla XXIV Biennale di Venezia.
Nell’estate del 1950, alla XXV Biennale di Venezia, si tenne l’ultima importante mostra del Fronte nuovo delle arti e Morlotti partecipò con tre dipinti fortemente picassiani. Nel corso del 1951 Morlotti abbracciò una nuova idea di natura, staccandosi dal neocubismo che aveva per lunghi anni contraddistinto il suo linguaggio pittorico. Il risultato più significativo di questa mutazione fu La siesta, il grande quadro che espose alla XXVI Biennale di Venezia del 1952.
Fu poi costituito il gruppo degli Otto pittori italiani, insieme a Morlotti figuravano nel gruppo Afro Basaldella, Birolli, Antonio Corpora, Mattia Moreni, Giuseppe Santomaso, Giulio Turcato, Emilio Vedova. Nel 1953 con gli Otto pittori Morlotti espose in una mostra itinerante in Germania che toccò le città di Hannover, Colonia e Berlino.
Nel 1956 a Morlotti venne assegnata una sala personale nell’ambito della XXVIII Biennale di Venezia; in catalogo fu presentato ancora una volta da Testori, che pochi mesi dopo – nel gennaio 1957 – ne curò un’altra importante mostra al Centro culturale Olivetti di Ivrea.
Al 1964 risale un’altra importante mostra, tenuta a New York nelle sale della galleria Odyssia.
Il Museo del Novecento di Milano, nel dicembre 2010, gli ha dedicato la mostra inaugurale Focus. E. M. dal 1945 al 1947, curata da Francesco Guzzetti.