Aquilino Nizzola, detto Bruno, nel 1893 si trasferisce con la famiglia dalla Valle Onsernone a Locarno, dove esegue il tirocinio d’imbianchino, perfezionandosi nella decorazione pittorica. Parallelamente frequenta un corso serale tenuto da Giacomo Mariotti alla scuola di disegno di Locarno.
Nel 1921 e nel 1929 ottiene una borsa di studio della Confederazione, che tra il 1921 e il 1962 acquista otto suoi dipinti. Nel 1922 incontra lo scultore Max Uehlinger, con cui sviluppa un’intensa amicizia e intraprende viaggi di studio a Parigi, in Svizzera e Italia.
Nel 1925 fonda la Società degli artisti locarnesi. Nel 1929 è tra gli organizzatori della mostra postuma dedicata al pittore locarnese Filippo Franzoni, cui guarda con ammirazione.
Nel 1941 vince il primo premio al Salon del Kunstmuseum di Lucerna con il mosaico Pietà. Invia regolarmente opere alle esposizioni annuali della Società delle belle arti di Lugano, alle Esposizioni nazionali e alle Turnus.
In vita tiene soltanto due mostre personali: nel 1948 a Locarno e nel 1962 a Svitto. Il poeta e scrittore Angelo Casè, che gli è vicino negli ultimi anni, gli dedica il racconto Bruno Nizzola, il pittore di Via Monteguzzo, presentato in occasione della mostra postuma del 1967 a Locarno. Seguono le monografie di Virgilio Gilardoni (1969) e di Angelo Casè (1983), che accompagna la retrospettiva tenutasi quell’anno a Locarno. I soggetti che caratterizzano la sua produzione, sovente ispirati al paesaggio delle rive locarnesi del lago Maggiore e alla dimensione più semplice della quotidianità familiare e dell’ambiente contadino, si velano progressivamente di una nostalgia nei confronti di tempi ormai perduti. Di fronte alle nuove realtà, Nizzola porta a esempio la verità di un paesaggio naturale, di un fiore, di una bestia, di un’umanità essenziale, fatta di calore e di semplicità. Anche nelle decorazioni d’interni – purtroppo scomparse o deteriorate con gli anni – Nizzola privilegia il dato di natura, come sottolinea in un suo motto ricorrente: «Un ambiente, se non contiene un elemento naturale, può ammazzare gli entusiasmi della gente sensibile che vi abita e può rendere l’animo cattivo». La sua opera si protrae con forte coerenza fino agli anni ’60 nel solco della tradizione lombarda tardo-ottocentesca, venata dal sentimento poetico delle piccole cose, espressione di una sensibilità istintiva che lo avvicina ad altri maestri di area lombarda suoi contemporanei, appartati nella periferia delle città, come il luganese Filippo Boldini.
Fonte: Marcella Snider Salazar: «Bruno Nizzola», in SIKART Dizionario sull'arte in Svizzera, 2008.